Immaginate un bambino che gioca gioiosamente in cortile con i suoi amici. Corre, scherza, ride e trascorre ore interminabili nella leggerezza più totale. Non ha idea di che cosa sia il tempo perché non gli interessa, non serve sapere “che ora è” per divertirsi. Ad un certo punto sua madre, dalla finestra, lo chiama per rientrare in casa perché è pronta la cena. Lui non rientra, non ha fame e continua a giocare. Sente in lontananza la voce di sua madre che insiste richiamandolo, ma la cena in quel momento non è davvero importante per lui. Per la madre invece la cena è alle sette e mezza e non si transige. Dopo averlo chiamato tre volte ad alta voce dalla finestra, scende dalle scale e, rimproverandolo di essere irrispettoso, lo afferra per la mano e lo strattona su di sopra, a cenare. Mentre fanno le scale la madre rimprovera il figlio per il suo comportamento e arrivati in salotto, anche il padre dice la sua, facendogli notare che ha costretto sua madre a scendere in cortile a quest’ora. Il bimbo arrabbiato e triste, termina la cena in silenzio e da quel momento, quando gioca in cortile, chiede agli amici che ora segna l’orologio.
Se avete letto con attenzione, noterete che è facile ritrovarsi in questa storia. Tutti siamo stati bambini e tutti siamo stati educati da una o più figure adulte di riferimento che, in qualche momento, ci hanno trattato in modo simile a quello raccontato qui sopra.
Quante volte ci è capitato di essere rimproverati da un adulto di riferimento con un tono ostile e rabbioso? Quante volte ci è stato insegnato che non andiamo bene così come siamo? Quante volte abbiamo creduto alle parole di chi ci ha giudicati sbagliati, cattivi e brutti solo perché voleva insegnarci la sua disciplina?
Quel tipo di educazione è ancora viva dentro di noi. I nostri genitori e insegnanti hanno imprintato in noi uno stile educativo, ovvero un modo di essere guida di noi stessi. I messaggi che abbiamo ricevuto a seguito di quell’educazione, sono ancora vivi dentro di noi; se ci è stato detto che siamo irrispettosi e che facciamo soffrire la mamma se non ascoltiamo le sue consegne, questo modello sarà quello con cui tratteremo noi stessi da adulti. Arrivare in ritardo per esempio può significare “essere irrispettosi”, determinando un senso di inadeguatezza verso noi stessi e la persona che abbiamo di fronte.
Nella nostra Accademia di Counseling sottolineiamo continuamente questo aspetto: come il processo educativo che abbiamo vissuto da bambini si ripete continuamente dentro di noi, attraverso la qualità del nostro dialogo interno. L’ostilità che abbiamo respirato da bambini abita ancora la nostra mente e non solo quella della nostra infanzia: l’ostilità del mondo vive dentro la nostra mente. Questa ostilità, se non ne siamo consapevoli, facilmente diventerà la guida della nostra vita, il modello ispiratore della nostra educazione. Quando questo accade, l’ostilità diventa il commentatore-cronista di tutte le nostre azioni – e quelle altrui – nel nostro dialogo interno. Le parole dell’ostilità interiorizzata sono scorrette e cariche di odio; mirano ad indebolirci, sabotarci, giudicarci, umiliarci, imbarazzarci e fare qualunque altra cosa per generare sofferenza e continuare questo processo. L’ostilità non è cattiva, è solamente inconsapevole che esiste un altro modo di stare al mondo e di educarci a vivere.
Da dove possiamo iniziare per riprendere in mano la nostra vita e scegliere in che modo trattarci nel momento presente, al di là di ciò che ci è stato insegnato?
L’inizio di tutto è esserne consapevoli.
La monaca zen Cheri Huber si riferisce all’ostilità di cui stiamo parlando chiamandola “odio di sé” ed invita in primo luogo a notarla, a prenderne le distanze. Finché non riconosciamo che siamo “devoti” ad un dialogo interno distruttivo e ostile, non abbiamo possibilità di cambiare alcunché. Se siamo confusi, stiamo soffrendo, abbiamo un problema, ci lamentiamo, siamo insoddisfatti, convinti che ci sia qualcosa di sbagliato o abbiamo paura, possiamo stare certi che siamo inconsapevolmente devoti all’odio di sé. Quando accade questo, viviamo dialoghi mentali in cui ci diciamo parole come
“Sono un fallito”
“Ho paura che accada qualcosa di brutto”
“Cosa c’è di sbagliato in me?”
“Dovevi fare diversamente”
“Devi fare qualcosa altrimenti accadrà il peggio”
“Se imparassi dagli altri forse faresti qualcosa di buono nella vita” ecc…
Notate la qualità specifica di questo dialogo interno? Scegliete una frase qualsiasi di quelle elencate qui sopra, ripetetevela al vostro interno e ascoltate come cambia la percezione del corpo. Ascoltate le vostre sensazioni: sono piacevoli o spiacevoli? Che immagini vi suggerisce la vostra mente? Osservare ciò che accade mentre diamo credito alle voci ostili dentro di noi è importante per prenderne le distanze.
La verità è che ogni volta che ci trattiamo male perdiamo forza e gioia di vivere. Maltrattarsi non serve. La vita è ricca di difficoltà e prove da superare, se nell’affrontarle critichiamo noi stessi per ciò che compiamo e disprezziamo noi stessi per ciò che siamo, la gioia svanisce e la vita inizia a perdere senso. Per imparare non è necessario giudicarci in modo ostile! Non è vero che se non sappiamo fare qualcosa siamo dei falliti, il discorso sembra logico ma è assurdo! Se non so nuotare e mi esercito nell’imparare a farlo, in quel momento sono una persona che sta imparando a nuotare: nient’altro. Posso sbagliare tutte le volte che voglio e nessuno di questi errori farà di me un fallito… a meno che io scelga di credere ai giudizi ostili dell’odio di sé.
La buona notizia è che in ogni momento noi possiamo scegliere di essere guide di noi stessi amorevoli e cambiare il modo con cui ci trattiamo. Il counselor per la nostra Accademia ha questo compito, incarnare una guida amorevole che il cliente può replicare all’interno del suo percorso di crescita personale. Ogni volta che vi scoprite essere preda dell’odio di sé, ciò che potete fare è decidere di non ascoltare più quel dialogo interno distruttivo e ascoltare il respiro, sentire l’aria che entra ed esce dal nostro corpo. Tre respiri attenti e consapevoli possono bastare a farvi sentire più calmi e portare più silenzio nella vostra mente. Quando in voi c’è più calma, potete scegliere di porvi queste tre domande:
Cosa direi in questo momento al mio migliore amico?
Cosa direi in questo momento a una persona che amo?
Come la tratterei?
Rimanete in ascolto della risposta e delle sensazioni che nascono quando rivolgiamo al nostro interno parole e intenzioni amorevoli. Dirigete l’attenzione alla sensazione e respirate, lasciatela scendere dentro di voi. Riportare l’attenzione ad una certa sensazione è spesso una pratica istantanea ed efficace per iniziare a nutrire l’amore al posto dell’odio. In questo modo cominciate a costruire dentro di voi un luogo in cui l’amore diventa la guida della vostra vita in ogni momento.
L’amore è ciò che siete e queste tre domande possono diventare un faro che nella notte, vi indica la direzione di casa, restituisce alla vita tutto l’entusiasmo, la gioia e la pace che le appartiene, anche in mezzo alle difficoltà. Quando smettiamo di credere e di dare energia alle voci dell’odio dentro di noi, ciò che rimane è la nostra vera natura; facciamo esperienza che la libertà e la gioia non hanno alcun prezzo, alcuna condizione, sono sempre lì per noi, in ogni momento.